Non si ferma più l’effetto del libro “Tre metri sopra il cielo”
di MAURO EVANGELISTI
Sul ponte di corso Francia la vernice dell’amore e dei sentimenti più o meno giovanili sta dilagando da anni. L’effetto del libro o poi del film “Tre metri sopra il cielo” sta gradualmente occupando ogni centimetro quadro del ponte costruito in epoca fascista. Ma negli ultimi mesi è il desiderio di mettere nero - o rosso, giallo, a seconda del colore della vernice - su marmo bianco i propri sentimenti si è notevolmente accentuato. Ormai a destra e sinistra del ponte, sulle colonne ma anche sulla parte esterna, il ponte di corso Francia (o più correttamente Ponte Flaminio) sta diventando come quelle pareti di alcuni ristoranti un po’ originali, tipo la “Bodeguita del Medio” di L’Avana (quella di Hemingway) in cui i clienti sono liberi di scrivere a proprio piacimento, fino a ricoprire anche l’ultimo angolo. Solo che il ponte di Corso Francia non è un ristorante un po’ originale, è un’opera importante di Roma costruita negli anni Trenta. E quelle che all’inizio erano le azioni artigianali, isolate, di qualche innamorato, colpito magari dalle pagine di Federico Moccia, ora sta diventando una sorta di catena di montaggio delle bombolette spray.
Ed è il paradosso dei paradossi. Perché mai come oggi i ragazzi hanno a disposizione mezzi per comunicare i loro sentimenti: mms, sms, mail, squilletti, fax. Eppure. Eppure sempre più numerosi ricorrono a un metodo fra i più old style: la scritta sui muri. Il Ponte Flaminio però ha una particolarità: decine e decine di scritte, ma tutte causate da sentimenti d’amore o di amicizia. Pochissime quelle innescate dall’odio politico o calcistico. C’è tutta una serie di “ti amo” («Ely ti amo», «Saverio...», «Patata...»), ci sono anniversari, sigle («s+cXs», che potrebbe volere dire Sandra più Carlo per Sempre), cuori. Ma le scritte d’amore tracciate con la vernice in realtà non coinvolgono solo quel ponte, ma tutta Roma. La settimana scorsa, a La Storta, un innamorato lasciato dalla fidanzata ha scritto un’intera lettera sull’asfalto. E vicino ai portoni dei palazzi, in molti quartieri di Roma, dilagano le dichiarazioni d’amore scritte sui marciapiedi.
E’ il lato sentimentale dei writer, un fenomeno che a Roma però costa caro. Il presidente del gruppo consigliare in Provincia di An, Piergiorgio Benvenuti, da tempo chiede la linea dura contro chi macchia i monumenti di Roma con la vernice. E secondo Mario Schina, il responsabile dell’ufficio decoro urbano del Campidoglio, «in tre anni sono state cancellate dai muri di Roma oltre 300 mila quadri di scritte». «Solo nel 2006 sono stati 50 mila metri quadri. E dal 2003 abbiamo già speso 7 milioni di euro. Si tratta di scritte, simboli, disegni, tag e murales di vario genere. Il 50 per cento sono scritte violente». Non sul ponte di corso Francia, dove quasi al 100 per cento sono scritto non di odio, ma di amore. Ma forse è venuto il momento di rispolverare un vecchio slogan: «Se mi ami non scriverlo sui muri».
Quanto so stronzi i ragazzini...rovinare monumenti (per lo più fascisti, ma questo non centra) per crivere io e te tmsc, ale e giusi 4ever, i love kati e altre stronzate del genere...
giuro che se vado a Roma e ne incontro uno lo sfascio di botte...
e il bello che quello stronzo di moccia li difende quasi...che ruffiano...
una città conosci gli aspetti i luoghi ...
di FEDERICO MOCCIA
DI una città conosci gli aspetti i luoghi che più ti somigliano. La guardi e la riguardi come guarderesti te stesso allo specchio.
Per questo ad un certo punto un luogo non è più solo un luogo, un punto segnato sulla cartina. Prendi un ponte, ad esempio, abituato a collegare due sponde. Se ne sta lì da anni, a guardare il Tevere che gli scorre ai piedi e il traffico cittadino che gli passa sopra, sotto, ovunque. Fermo fermo, bianco bianco, permette al mondo di muoversi. Perlomeno a quello romano. Fa talmente parte del paesaggio che molti nemmeno più lo chiamano col nome suo. Per tutti è il “ponte di Corso Francia”.
Eppure un nome ce l’ha: Flaminio, dalla vicina ed omonima via consolare. In verità prima lo avevano chiamato anche in altri due modi, “Ponte XXVIII Ottobre” e “Ponte della Libertà”. Ma poi Flaminio vinse sugli altri.
Un ponte, dunque. Bello, luminoso, con tanto di colonne e torri marmoree che sorreggono suggestivi lampioni. Ed una statua della lupa. E cippi su cui trovi le distanze delle località che puoi raggiungere se prendi la Cassia e la Flaminia. 292 metri di bianco. Se consulti una guida trovi la sua storia. Scopri che è stato progettato nel 1932 dall’architetto Armando Brasini, iniziato nel 1939 e finito dopo la guerra, nel 1951.
Leggi che è realizzato in calcestruzzo e rivestito di travertino.
Ma non basta. Non può bastare. Un posto lo vedi davvero solo se ci vai, se lo tocchi, se mischi il tuo odore col suo. Solo così diventa tuo. Un posto diventa speciale perché qualcun altro prima di te lo ha scelto come simbolo, magari di un amore. Prendi Step, ad esempio. Prendi il suo amore per Babi. Flaminio quella notte non fu più solo un ponte: diventò la lavagna per gridarlo a tutti, ma soprattutto a lei. E prima ancora, anni fa, un’altra mano divertita e innamorata, la buttò un po’ più sul concreto e scrisse di Cathia che aveva “il più bel culo d’Europa”, che forse sempre amore è. Perché di un posto, come diceva Calvino, “non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.” Forse allora è per questo che quel ponte non è più solo un ponte abituato al grande traffico cittadino. Diventa qualcos’altro. Un simbolo. Un’idea.
Come per Step. Come il protagonista selvaggio e ribelle di Tre metri sopra il cielo. Di una storia d’amore passionale e sofferta, ostacolata dai genitori di lei. Una storia che sfocia in un’alba d’amore in una casa sulle rocce ad Ansedonia. E il giorno dopo quella scritta, indelebile, per sempre, come vorrebbe essere il primo amore: “io e te... Tre metri sopra il cielo.”
Oggi quel luogo, raccontato nel film, lo identificano come una sorta di “meta degli innamorati”, quelli felici e quelli delusi. Quel ponte, forse stufo di essere solo un ponte, che si diverte a sentirsi quasi un “oracolo”, un po’ come a Delfi. E le persone, quelle che prima passavano soltanto, ora si fermano. E lo guardano. Lo additano. Spesso si baciano davanti alle sue colonne. Gli affidano un sospiro d’amore, una dedica, una richiesta di scuse, una promessa di vita, un “persempre” scritto tutto attaccato.
Ieri passavo di là. Ho parcheggiato la moto e sono sceso. Ho percorso il viadotto, quella linea chiara, a piedi, con calma, osservando tutto con attenzione. Lo spazio bianco dove anni fa avevo letto di Cathia e che tanto mi aveva fatto ridere, ora è pieno di altre parole, sempre d’amore, sempre di gente che si cerca, si è trovata o si è persa. Sempre di più. Un diario.
Un muro. Rifletto. Quei gesti incerti ed impulsivi, quelle frasi ad effetto traboccanti di sentimenti, in concreto diventano scritte e le scritte imbrattano. Forse al ponte non fa piacere essere disegnato così, sembrare quasi un muro di periferia. Forse. Forse Step ha dato un cattivo esempio.
Poi di colpo mi vengono in mente altri luoghi, altri posti eletti a simboli d’amore e pieni di scritte: la cosiddetta Casa di Giulietta, a Verona, col balcone dal quale si affaccia la statua dell’innamorata shakespeariana. La Via dell’Amore, tra Riomaggiore a Manarola, alle Cinque Terre... Forse l’amore andrebbe scritto solo nei libri, nelle mail, negli sms. Forse non avrebbe bisogno di essere manifestato così, splendido e sfacciato, come un tatuaggio sulla pelle marmorea di un ponte romano. Ma come diceva Oscar Wilde "“o resistere a tutto, fuorché alle tentazioni”.
Osservo ancora le colonne, prima d’andar via. Tra i vari “Io e te...”, “Ho voglia di te”, “M+F uniti per sempre”, trovo anche “Ama come se la delusione non esistesse e scrivi come se non dovesse leggerti nessuno”. Non posso farci niente. Amo quel ponte da sempre ed oggi ancor di più, per i segni d’amore che porta addosso, come un guerriero dopo battaglie inenarrabili, come un fratello che accoglie uno sfogo e ti dà una pacca sulla spalla. Muto ed affidabile, messaggero fedele.
Me ne vado. E mi domando se il cielo di fine agosto, stufo delle nuvole che hanno nascosto le stelle, non abbia deciso all’improvviso di cadere a terra proprio sul Ponte Flaminio, trasformarsi in marmo bianco ed accogliere così tutti i desideri d’amore rimasti orfani di stelle cadenti.
Ma tutta la bellezza dell’amore non si può raccontare con un semplice graffito. Non mi è bastato un libro per poterlo esprimere. Non scrivete su quel ponte. E’ appartenuto a Step e alla sua bellissima storia d’amore. Ma era un libro, Tre metri sopra il cielo . Sono sicuro che non sono stati alzati sufficienti muri, non ne esistono abbastanza, per poter scrivere tutto ciò che provate per lei o per lui. Quell’amore bello, silenzioso, educato, delicato, unico, vostro, che non può essere ridotto ad un’unica frase. Ti amo scrivetelo ogni giorno con il vostro cuore.
guardate com'è ridotto il nostro povero ponte:
se proprio qualcuno doveva rovinarcielo, cazzo, preferivo i partigini...almeno loro lo facevano per qualcosa di serio...
[Modificato da =Caesar86= 31/08/2006 14.13]